Traduttrice e amante del Giappone, Daniela gestisce il blog Tradurre il Giappone, tramite il quale alimenta le sue due grandi passioni: il Giappone e la traduzione. Oggi ci parla del suo viaggio nel Sol Levante.
1) Il tuo blog mi sembra davvero molto ben curato. Qual è la tua ricetta per proporre contenuti interessanti per gli utenti?
Ti ringrazio molto. Ammetto di non avere una vera e propria ricetta, fondamentalmente cerco di scrivere di ciò che mi piace, sperando sia apprezzato anche da chi mi legge. Un mio grosso difetto è la mancanza di costanza, non riesco a programmare gli articoli perché tendenzialmente scrivo in base all’ispirazione del momento, magari mentre sfoglio un libro che parla di feste e stagioni del Giappone oppure quando mi capita di leggere un curioso modo di dire che non avevo mai sentito, e mi viene voglia di approfondire l’argomento. In generale, cerco sempre di metterci la mia passione e la mia voglia di scoprire, sperando che anche chi mi legge sia pervaso della stessa curiosità.
2) Quando ti trovi a partire per un viaggio a lungo raggio come ti comporti? Organizzi ogni cosa o parti gestendo tutto una volta in loco?
Riconosco di essere una maniaca del controllo, e difficilmente parto per un viaggio a lungo raggio (ma anche a breve raggio) senza aver organizzato almeno il grosso dell’itinerario e delle cose da fare. Ovviamente lascio spazio anche all’improvvisazione e all’ispirazione del momento, con cambiamenti di piano o decisioni prese all’ultimo, che fanno parte del viaggio, ma tendenzialmente cerco di organizzarmi il più possibile. Ho bisogno di sapere di avere tutto sotto controllo per godermi al meglio il viaggio, sono poco impulsiva, diciamo! 🙂
3) Il Giappone a detta di molti è una terra meravigliosa, c’è qualcosa di questo luogo che ti affascinato in modo particolare?
I contrasti. Camminare nella metropoli, circondata da grattacieli e luci al neon, e poi svoltare l’angolo e ritrovarsi un’altra dimensione, fatta di stradine, case basse in legno e rumore di geta sui ciottoli. Ma anche il contrasto delle persone, fatto di una cortesia all’estremo, ma allo stesso tempo di una sorta di muro invisibile difficile da rompere. La follia delle mode del momento, e la rigidità. Il controllo e la perdita di questo. Amo le sfumature di colore che il Giappone è in grado di dare, penso sia impossibile venire in questo paese senza rimanerne affascinati.
4) In Giappone il galateo impone atteggiamenti molto diversi dai nostri. Ad esempio quello che in occidente è ormai una consuetudine, come soffiarsi il naso in pubblico, mangiare e bere camminando per strada o mettere in mostra i propri tatuaggi, nella terra del Sol Levante può essere interpretato come un segno di maleducazione. Tu come hai gestito questi divieti? È stato difficile abituarti a non tenere certi comportamenti?
Penso sempre che il miglior modo per adattarsi, sia di osservare ciò che fanno le persone intorno a noi e imitarle. In giapponese si dice kuuki wo yomu, leggere l’aria, nel senso di capire ciò che sta accadendo intorno a noi e comportarci di conseguenza. In generale, cerco sempre di attenermi alle regole di comportamento e della buona educazione, sia intesa in senso universale che studiando le usanze del luogo. Non è sempre facile agire nel migliore dei modi, e probabilmente più di una volta mi sarò soffiata il naso in pubblico (non riesco proprio a tirare su col naso, come fanno i giapponesi!), ma credo che l’importante sia almeno tentare di adattarsi alle usanze altrui, riconoscendo quando si sta sbagliando e impegnando a migliorarsi.
5) La cucina giapponese è famosa per il sushi e il sashimi, oltre a queste due pietanze cosa ci consigli di assaggiare?
Non posso che consigliare di provare almeno una volta ramen, takoyaki, okonomiyaki e manzo di Kobe, quest’ultima una vera prelibatezza, non certo economica ma eccezionale a dir poco. Se invece si vuole provare la cucina vegana, mi sento di consigliare di fare un tentativo con la shojin ryori, la cucina buddhista che è possibile provare in alcuni templi (ad esempio, sul Koyasan dove è possibile fare l’esperienza di pernottare in un vero tempio buddhista). In generale comunque la cucina giapponese è molto ricca e variegata, il mio consiglio è di cercare sempre di provare quanti più piatti possibili, lasciandosi tentare anche dallo street food, che in Giappone è di ottima qualità.
6) Per quanto riguarda i mezzi di trasporto? Cosa ci suggerisci di usare per spostarci all’interno di una città? E per andare da una città all’altra?
Il mio mezzo di trasporto preferito in assoluto è la metropolitana. Sarà che venendo da una città come Roma, estremamente trafficata e caotica, il mio punto di riferimento è da sempre costituito dalle fermate della metropolitana, che mi consentono di orientarmi al meglio per le città e di studiare più da vicino l’umanità che popola questi mondi sotterranei. Sono talmente abituata a spostarmi sottoterra che nelle città in cui ci si sposta prevalentemente in autobus (come Kyoto) tendo a smarrire completamente i punti di riferimento e finisco ogni volta per perdermi. In Giappone per spostarsi da una città all’altra il mezzo che consiglio è sicuramente il treno: veloce, puntuale, e affidabile. E il Japan Rail Pass è un ottimo strumento per muoversi agevolmente in lungo e in largo per il Giappone. Personalmente, amo da sempre gli spostamenti in treno, che consentono di poter “vivere” il viaggio osservando il panorama che scorre dal finestrino, musica nelle orecchie e senza pensieri. Il viaggio sui treni giapponesi, poi, è un’esperienza veramente da provare. L’estrema pulizia e la puntualità (cosa cui noi siamo, ahimé, poco abituati), la comodità dei sedili, e anche la gioia di godersi il proprio ekiben (il bento da viaggio che è possibile acquistare nelle stazioni) seduti comodamente al nostro posto.
7) Raccontaci qualcosa sulle architetture giapponesi, sono molto diverse da quelle occidentali?
Direi di sì, soprattutto pensando a quelle cui siamo abituati noi. Non mi reputo un’esperta sull’argomento, ma è evidente quanto l’architettura tradizionale giapponese abbia ricevuto la profonda influenza di quella cinese, sebbene abbia poi sviluppato caratteristiche proprie, principalmente legate al clima del Giappone (basti pensare alle abitazioni tradizionali, costruite sollevate rispetto al suolo in modo che l’aria possa circolare intorno e sotto di essa, per sopravvivere alle lunghe estati calde e umide). Trovo molto affascinante l’architettura tradizionale religiosa, shintoista e buddhista, così differente da quella cui siamo abituati: non posso non pensare alla semplicità e all’essenza dello zen paragonato alla ricchezza barocca delle chiese di Roma. Due modi profondamente diversi di concepire il contatto con la religione, ognuno con le proprie peculiarità.
Grazie